
Luc Besson ha passato i primi anni della sua vita seguendo i genitori, istruttori di nuoto subacqueo, nei loro viaggi intorno al mondo. Il giovane Luc sviluppa una passione per l'ambiente marino che lo influenzerà per tutta la vita. Proprio durante uno di questi viaggi, all'età di diciassette anni, un incidente fa crollare tutti i suoi progetti: sarà costretto ad abbandonare l'idea diventare un biologo marino specializzato nello studio dei delfini. Tornato a Parigi, Besson comincia a interessarsi al cinema e inizia a dedicarsi a piccoli lavori occasionali in vari film. Appena diciannovenne si trasferisce a
La sua carriera nel cinema inizia nel 1983 quando, a soli ventiquattro anni, gira il suo primo lungometraggio, Le dernier combat. Per realizzare la sua opera prima, Besson riesce a ottenere dalle banche un finanziamento di soli 1500 franchi e così è costretto a rivolgersi ai suoi amici. È proprio uno di loro che permette l'inizio delle riprese grazie ai soldi che aveva appena ereditato dalla nonna. I tipici colpi di fortuna casuali che compaiono in ogni biografia che si rispetti. Le dernier combat è una storia di fantascienza insolita e bizzarra, ambientata in una Parigi devastata da una catastrofe nucleare, girata con l'uso di spezzoni in bianco e nero e caratterizzata dalla quasi totale assenza di dialoghi. Besson già dai suoi esordi inizia a tentare il difficile connubio fra la spettacolarità hollywoodiana e le sottigliezze del cinema europeo. Riceverà un premio al Festival del cinema di fantascienza di Avoriaz. Il successo di Le dernier combat gli permette di siglare un contratto con la Gaumont per realizzare Subway nel 1985, una pellicola difficile da raccontare, un bombardamento di suoni e di colori dentro cui uno spaesato Cristopher Lambert prova a raccapezzarsi nel tentativo di organizzare un concerto nei cunicoli della metropolitana.
Forte del successo di Subway, Besson comincia la realizzazione di un film fondamentale anche e soprattutto perché riporta il regista indietro nel tempo ai giorni in cui il suo principale interesse era il mare: Le Grand Bleu. Pellicola accolta negativamente al festival di Cannes del 1988 ma che diviene presto un fenomeno sociale e un oggetto di numerose analisi che tentano di spiegare il successo che ottiene presso i giovani. L'uscita della pellicola in Italia fu bloccata per 14 anni per via della causa intentata dal campione italiano di immersione in apnea Enzo Majorca che ritenne la sua immagine lesa dalla rappresentazione negativa che nel film veniva data del suo personaggio.
Nel 1991 realizza Atlantis, sorta di documentario in cui Besson torna a cimentarsi con le bellezze e le meraviglie del mondo sottomarino. Ma quello che conta per la sua carriera da regista sono soprattutto i tre film girati fra il 1990 e il 1997: Nikita, Leon e Il quinto elemento. Gli anni Novanta rappresentano per Besson il trionfo dal punto di vista del successo commerciale ma anche il progressivo allontanamento del suo cinema dalle grazie della critica. Lo stile di Besson è vicino all'universo della pubblicità (e non è un caso che nel corso della sua carriera abbia diretto decine di spot), ma finisce per creare inevitabilmente un fossato tra lui e il mondo della critica. Le sue pellicole sono fredde, si limitano a esibire le capacità tecniche del regista e della sua troupe ma raramente si va oltre questo. Così come il regista lavora sul suo aspetto presentandosi agli appuntamenti mondani con abiti e capelli sempre sgargianti, così i suoi film sono impeccabili dal punto di vista tecnico e molto ben mascherati e protetti dallo splendore formale. Ma questo look perennemente tirato a lucido non ha impedito ai critici di sottolineare la cronica mancanza di cuore e di uno sviluppo coerente delle sue storie. Più che Luc Besson, si sarebbe potuto giustamente chiamare "Look" Besson. Inoltre numerosi commentatori hanno notato nel lavoro del regista francese una sorta di catalogo di trovate: certe immagini tipiche e alcuni piani caratterizzanti ritornano quasi in modo ossessivo da un film all'altro. Quest'atteggiamento gli è valso una disaffezione della critica e di una parte della stampa, addirittura una sorta di disprezzo al punto da dover denunciare per diffamazione alcuni giornalisti.
Nikita e Leon sono due film estremi per via delle tematiche che affrontano. In Nikita prende come protagonista Anne Parillaud, una delle sue tre mogli, e ne fa un'eroina al contrario: ex tossicomane arrestata durante una sanguinosa rapina, Nikita viene trasformata dai servizi segreti francesi in un killer spietato e infallibile. Leon è una strana storia d'amore tra un killer solitario e stralunato e la dodicenne che riesce a salvare dalle grinfie di un poliziotto corrotto. Con questo film Besson inizia a lavorare con star internazionali del calibro di Gary Oldman e Danny Aiello (nonché una star ante litteram come Natalie Portman). Nel 1997 si lancia con la sua prima casa di produzione, la Gaumont, in un ambizioso progetto di fantascienza, pensato esplicitamente per il mercato americano: con Bruce Willis come
All'inizio del 2000 Besson fonda la sua società di produzione e distribuzione, l'EuropaCorp, con la quale tenta di sviluppare una nuova corrente cinematografica per il grande pubblico puntando su film di successo come ad esempio la trilogia di Taxxi. Sempre nel 2000 inizia a sviluppare il progetto dedicato alla realizzazione della Città del cinema a Saint-Denis, nella banlieue nord di Parigi: una vera e propria Cinecittà alla francese che, nelle intenzioni di Besson, avrà in uso almeno cinque grandi studi al coperto e i migliori laboratori di sviluppo e stampa d'Europa. Nello stesso anno Luc Besson è stato presidente della Giuria del Festival di Cannes, una scelta bizzarra per un regista che, come già detto, non è ormai più visto di buon occhio dalla critica.
Nel 2002 il Montreal World Film Festival gli assegna Grand Prix Special des Ameriques per il "suo eccezionale contributo all'arte cinematografica". Nell'estate 2005, nel segreto più assoluto, ha girato Angel-A, la cui accoglienza da parte della critica, manco a dirlo, non è stata per niente entusiasta. Interpretato da Jamel Debbouze e Rie Rasmussen rappresenta una sorta di atto d'amore che il regista consuma verso la sua Parigi: la storia dell'incontro fra due persone entrambe sull'orlo del suicidio si sviluppa attraverso le strade e i luoghi che raffigurano la capitale francese nell'immaginario collettivo.
Sceneggiatore, produttore e regista di decine di clip musicali, film, sceneggiati, spot promozionali, la sua ultima fatica è un lungometraggio d'animazione, Arthur e il popolo dei Minimei. Sebbene Besson peschi a piene mani dalla letteratura (tanto da "I Viaggi di Gulliver" quanto da "Alice nel paese delle meraviglie") e dal cinema (La storia infinita e L'isola del tesoro), è comunque riuscito a realizzare un film autentico e coinvolgente, una storia per bambini tutt'altro che banale e ingenua. Dal punto di vista tecnico la pellicola brilla per la tecnica mista di riprese live e animazione tridimensionale, con transizioni tra le une e l'altra molto più naturali della media delle produzioni statunitensi.
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