Nato su un'auto in corsa, Ricky Bobby ha la velocità nel sangue e vive l'infanzia nel mito della velocità. Dopo un'adolescenza di scorribande in auto, segnata dall'abbandono da parte del padre -pilota e donnaiolo semiprofessionista-, il non più giovanissimo Ricky si ritrova a lavorare come meccanico nella meno blasonata delle scuderie Nascar. In seguito all'abbandono del pilota della scuderia, Ricky avrà la possibilità di portare a termine una gara, esibendo le proprie innate capacità di guida. L'ascesa di Ricky Bobby sembra essere inarrestabile, ma un pilota francese proveniente dalla Formula Uno è arrivato nella serie Nascar per lanciare la propria sfida.
Quando Will Ferrel finisce in mutande sono scintille, ma solo al boxoffice USA: è accaduto con "Old School" e accade di nuovo con l’avvento di Ricky Bobby, dove l’idolatrato comico associa il proprio volto al mondo delle corse Nascar, seguitissimo negli States. Ricky Bobby è una sport-comedy sgangherata e volutamente eccessiva, che sperpera il proprio potenziale politicamente scorretto latitando al confine tra demenzialità e stupidità, con una sensibile prevalenza di quest’ultima. La quantità di volti noti presenti nel cast giustifica il budget altisonante, ma non basta, insieme a una colonna sonora adrenalinica ed effetti visivi di alto livello, a vincere il filtro culturale: complice un doppiaggio penoso, la sensazione, invece che di divertimento, è quella irritante di guardare qualcun altro che si diverte, senza capirne bene il motivo. Unico momento veramente spassoso i ciak eliminati che scorrono sui titoli di coda.
Nessun commento:
Posta un commento