lunedì 16 febbraio 2009

Appaloosa


"Appaloosa" può non piacere, e questo perché - diversamente da "Silverado", o dal più recente "Open Range" - non è un omaggio al western, né una rievocazione; è un film drammatico-esistenziale che si serve appieno del linguaggio western per narrare la propria storia. In altri termini, non è una celebrazione del cinema western, ma un film western a tutto tondo. Ed Harris non si accontenta di mostrare la facia da duro (che, con quella del socio Viggo Mortensen, già di per sé meriterebbe la visione), ma costruisce un racconto scandito da tempi lunghi, lentezze, pause diacroniche, evitando la tentazione - in cui è caduto l'ultimo Mangold - di alzare i ritmi narrativi accumulando scene di violenza e di azione. La storia d'amore fra Cole e Mrs. French, inolte, non è - come detto qualcuno - una sotto trama, ma, a conti fatti, la vera trama del racconto. E' il desiderio di stabilità di Virgil (la sua adesione al "lato legale del lavoro", come dice lui stesso) a sancire l'allontanamento di Inch da Appaloosa e il loro distacco. "Appaloosa" non è solo un film sull'amicizia; è anche una riflessione pacata e avvicente sul passaggio dal nomadismo selvaggio alle incognite della civilizzazione. Consigliato SI
P.S. una piccolezza che potrete notare è che a fine film non c'è la classica musichetta stridula che caratterizza i western, ma una canzone Rock che segna  a mio avviso l'introduzione del western nel 2000.

Nessun commento: