domenica 27 gennaio 2008

Ferzan Ozpetek

Ferzan Ozpetek

La domanda è sempre la stessa. Se fossi un regista, chi vorresti essere? La risposta è sempre e solo una: Ferzan Ozpetek. Perché? Viene spontaneo chiedersi. Perché nessuno come lui sa dirigere un cast stellare (forse i suoi unici e più alti antecedenti sono Altman, Allen e il nostro Bertolucci), con trame che all'apparenza sono improbabili, ma verosimili e che fra l'altro ti sanno pizzicare con dei giudizi e delle opinioni pungenti che ti fanno uscire dalla sala cinematografica frastornato, ma sempre ricco d'amore per il mondo e attento a tutto ciò che d'ora in poi ti circonderà. Anni fa qualcuno disse che il buon cinema è il cinema che disturba. Un cinema che è come una zanzara, insomma. Magari una zanzara tigre nel suo caso. La spettacolarità, la passione, il cinema stesso di Ozpetek sta proprio nella capacità di raccontare un contesto intimo, di solito una crisi, in qualcosa di armonioso, ma che disturba fortemente la nostra sensibilità, il nostro modo di pensare e di agire. Il cinema di Ozpetek, è inutile negarlo, sta cambiando l'Italia. Profetico per certe visioni dell'omosessualità, d'avanguardia per il nuovo concetto di Amore, inteso nel senso più vero del termine e forse ancora più profondo, e predicato più da lui che dalla stessa Chiesa Cattolica, Ozpetek è solo e semplicemente un messaggero del più bel sentimento che l'uomo è capace di creare: l'affetto. Una Penelope turca che sta alla sua tela e che con il cuore gonfio di bene e dolcezza tesse i racconti, nell'attesa di un gran ritorno… e noi tutti lì a sbirciare le sue storie.
Fratello dell'attrice Zeynep Zksu, Ferzan Ozpetek arriva in Italia per studiare Storia del Cinema all'Università La Sapienza di Roma nel 1978, entrando nel mondo del cinema in qualità di aiuto regista per importanti autori: il suo primo incarico? Portare tè e un biscotto, tutti i pomeriggi alla stessa ora, a Massimo Troisi sul set di Scusate il ritardo (1982). Divenuto poi assistente e aiuto regista per Maurizio Ponzi (Qualcosa di biondo, Il tenente dei Carabinieri, Noi uomini duri, Anche i commercialisti hanno un'anima), ma anche per Lamberto Bava (Il maestro del terrore, 1988), Ricky Tognazzi (Ultrà e La scorta) e Marco Risi (Il branco, 1994), viene incoraggiato e aiutato a compiere un passo verso la regia dai grandi Gianni Amelio ed Elio Petri.
Ma fu proprio Marco Risi, con la sua casa di produzione, la "Sorpasso Film" a produrre il suo primo film: Il bagno turco (1997), vero e proprio omaggio alla sua terra d'origine, con Alessandro Gassman nei panni di un architetto sposato che viene sconvolto dalla scoperta di un mondo completamente nuovo, che gli turberà la vita culturalmente e sessualmente. A questo seguirà Harem Suaré (1999), che racconta le vicende storiche e fortemente romanzate dell'ultimo harem del sultano turco. Anche se la vera scoperta di Ferzan Ozpetek da parte del pubblico italiano avviene con Le fate ignoranti (2001), intensa pellicola con Margherita Buy e Stefano Accorsi nei panni degli amanti dello stesso uomo, che sorretto dall'accoppiata di produttori e sceneggiatori, Tilde Corsi e Gianni Romoli, farà il giro del mondo, passando in Festival importantissimi come quelli di Cannes e Berlino.
Grandissimo il suo successo per lo stupendo La finestra di fronte (2003) con Giovanna Mezzogiorno e il defunto Massimo Girotti, che racconta, con un filo di intimismo e nel pieno del gioco degli specchi, le vicende tragiche che investirono Roma al tempo dei rastrellamenti nazisti della Seconda Guerra Mondiale. La pellicola vince il David di Donatello per il miglior film e il premio David Giovani. Ferzan è nominato come miglior regista e migliore sceneggiatura, ma non vincerà nessuno dei due premi e si rifarà invece con il Nastro d'Argento per il miglior soggetto. Nel 2004 sconvolge e fa discutere il suo Cuore sacro, dove con stile racconta la sindrome di San Francesco (una sorta di delirio mistico) che investe una giovane speculatrice edilizia, seguito dal film Saturno contro (2007) che raccoglie nel cast le più intense personalità del cinema di ieri e di oggi, dalla veterana Milena Vukotic all'astro nascente (almeno cinematograficamente) Filippo Timi, in una pellicola generazionale che rievoca le atmosfere de Le fate ignoranti, con una storia intrisa di morte e di elaborazione del dolore.
Non facciamocelo portar via. Non cediamo Ozpetek alle grandi major che lo vorrebbero nelle loro scuderie. Vogliamogli bene perché, come dichiara costantemente lui stesso, il sentimento viene prima di tutto. E ci sono rapporti e legami da cui è impossibile separarsi o sciogliere. Rapporti che si trasformano, ma non si esauriscono mai, neanche se arriva qualcosa che cambia la vita… È su questo che dobbiamo fare leva: sull'amore che gli italiani provano e hanno per Ferzan e per tutta la sua cinematografia.

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